Finanziamenti ministeriali all’università pubblica: La torta si riduce e l’autonomia fa la differenza
I dati utilizzati in questo articolo sono scaricabili dal sito del Ministero dell’Università e della Ricerca.
Diversi atenei italiani sono in difficoltà, con rapporti spese del personale su ricavi strutturali (sostanzialmente tasse universitarie più FFO) superiori all’80%, soglia oltre la quale il Ministero impone limitazioni incisive sull’ulteriore reclutamento di personale. Colpa del taglio del Fondo di Finanziamento Ordinario (FFO) erogato dal Ministero della Università e della Ricerca (MUR)! Questa è la narrativa. Quanto c’è di vero? Il governo autonomo degli atenei non conta?
Concentrandoci sull’FFO non vincolato, composto da quote base, premiale e perequativa, erogato alle 57 università incluse dal Ministero dell’Università e della Ricerca (MUR) nel cosiddetto gruppo A che assorbe il 97% delle risorse. Nel 2024, lo stanziamento è poco più di 6,6 miliardi di euro, con una riduzione di 397 milioni di euro rispetto al 2023, in termini reali ai prezzi 2024 (-292,9 milioni in termini nominali). Quindi si, il taglio c’è.
È un fatto nuovo, eccezionale, che coglie tutti di sorpresa? O l’espressione di una tendenza già in atto e dunque prevedibile, pur nell’incertezza? I dati dicono con chiarezza che non si tratta di un fatto nuovo. L’evoluzione dell’FFO nell’ultimo decennio, quello 2015-2024 e, in particolare, nel triennio post-Covid, mostra con chiarezza che ad eccezione della straordinaria circostanza del Covid (2020-21), durante la quale il governo aumentò l’FFO, la contrazione delle risorse per il funzionamento ordinario è una caratteristica strutturale della politica governativa sull’università pubblica. Tra l’altro, la riduzione dell’importo FFO stanziato nel 2024 è si rilevante, ma inferiore a quella dell’anno precedente (misurando ancora i valori in euro 2024). Quindi il taglio di cui si parla in questi giorni era, in buona parte, prevedibile. Perciò, lo shock, se di shock si può parlare, appunto, non legittima atenei e rettori a cascare dal pero, puntando l’indice sulle idiosincrasie suppostamente imprevedibili del Ministero senza assumersi le proprie responsabilità.
E infatti, c’è chi casca dal pero e chi no. La dinamica dell’FFO varia tra università, come si vede dal grafico 2. Basta guardare l’evoluzione del fondo tra le università di Nord, Centro, Sud e Isole. L’FFO cresce di più nelle università del Nord; nelle università delle Isole e del Centro la crescita è negativa. Il taglio degli ultimi tre anni si ripartisce tra aree geografiche in maniera diseguale. Cosicché le Università del Nord aumentano la loro incidenza, oggi pari oggi al 46% del totale, sia rispetto al 2015, +2.4%, sia rispetto al 2021, +1.4% a scapito di tutte le altre. La contrazione maggiore è tra le università del Centro e delle Isole. Gli atenei del Nord risultano più competitivi, e così la riduzione delle risorse complessive si accompagna a un travaso di finanziamenti da Centro e delle Isole verso il Nord. Anche il Sud perde rispetto al Nord, sebbene il suo FFO reale cresca rispetto al 2015. Si dirà, contano le condizioni di contesto. Si certo, ma in Sardegna, la riduzione è molto più consistente se confrontata rispetto a quella dell’aggregato Isole. La contrazione in quest’ultimo aggregato rispetto al 2021 è del 5.2%. Nelle due università sarde UNICA perde il 17.3%, UNISS il 17.4%. Dinamiche solo apparentemente simili, perché determinate da effetti piuttosto diversi. Come vedremo, UNICA perde molti meno studenti di Sassari in proporzione, ma paradossalmente subisce un effetto negativo maggiore al margine perché il suo costo standard per studente è significativamente più basso, 8.006 euro contro gli 8.880 euro di UNISS.
Per ragionare sulle determinanti di questa dinamica è importante considerare le componenti principali dell’FFO non vincolato che sono le quote base e premiale. Nel 2024 la prima pesa il 63%; la seconda il 35%. La quota base, nel 2024, dipende per il 52% dall’incidenza del costo standard e per il resto sul dalla quota storica, il cui peso è andato diminuendo negli anni come previsto dal quadro normativo. L’incidenza del costo standard è determinata dal numero di studenti regolari più un anno fuori corso (studenti FFO) rapportato al totale nazionale, determinando l’incidenza relativa di ogni ateneo sul totale della quota base moltiplicato per il costo standard per studente del singolo ateneo rispetto a quello nazionale. La quota premiale, invece, dipende dalla qualità e dalla quantità di ricerca e dalla qualità del reclutamento dei docenti, legata alla loro performance nella ricerca. Per la ricerca, produzione scientifica e finanziamenti ottenuti, valutati anch’essi in termini relativi rispetto al totale nazionale. Le università partecipano alla gara potendo incidere su alcuni indicatori: gli studenti iscritti entro il 1 anno fuoricorso; i risultati della valutazione sulla ricerca (VQR) e il reclutamento dei ricercatori che invece incidono sulla quota premiale.
La gara è una vera rat race: vince chi concepisce una offerta formativa competitiva ed è capace di reclutare buoni ricercatori, attrae studenti e migliora la produzione scientifica più degli altri. Gli altri, perdono terreno; reggono sinché funziona la clausola di salvaguardia che limita la perdita di FFO ma alla fine affondano. La capacità dei singoli atenei di esprimere una buona governance fa la differenza. Nell’ultimo triennio, le Università del Nord vedono aumentare il numero di studenti FFO, +7.4%, così come quelle del Centro +6.1%, Sud +4.1% e Isole +3.6%. Così si spiega la dinamica FFO. In contrazione, purtroppo, le università sarde. Sassari perde l’8.2% di studenti FFO; la perdita di Cagliari è più ridotta, 5.8%. E la quota premiale? In un clima generale di arretramento, solo il Centro vede nell’ultimo triennio una riduzione della sua incidenza sulla componente premiale. Il Nord invece aumenta, così come mostrano segni positivi le Università del Sud e delle Isole. Ma c’è un’eccezione, ancora una volta, nell’aggregato Isole: l’Università di Sassari. L’incidenza di UNISS sullo stanziamento totale quota premiale si riduce mentre l’Università Cagliari vede un segno positivo.
Tra, ricerca e formazione, due missioni fondamentali dell’università, sembra esserci complementarità. Numero relativo di studenti FFO e incidenza relativa degli indicatori quali-quantitativi della ricerca sono correlati positivamente. La leggenda vorrebbe che docenti molto impegnati nella ricerca sacrifichino la didattica e ciò allontani gli studenti; i dati suggeriscono che gli studenti vanno a studiare dove i docenti sono scientificamente più capaci.
La posta in gioco (l’FFO) si riduce e Il gioco si fa più duro. Per stare a galla occorre essere una università attraente per gli studenti. Condizioni necessarie sono far bene nella didattica e nella ricerca. Dopodiché, conta il contesto in cui opera ciascun ateneo, e cioè i servizi che offre la località in cui opera l’università: trasporti, residenzialità, salute, svago.
Grazie di questo utile contributo e di questa finestra critica. Giovanni Lupinu